settembre 2019
Così parlò il nostro giudice d’onore di settembre, Nicolò Targhetta , decretando il podio dei vincitori della giuria tecnica dopo aver maneggiato con curiosità e cura i racconti del mese.
Il Breve Scrittore Felice di settembre è Misia Vecchio con il suo racconto “Non nominarla invano”
“Perché è ben bilanciato e trasmette, in un lento passaggio dal piccolo al grande, un senso di angosciosa fatalità. La fine del mondo è un’ospite amichevole o ingombrante, a seconda dei casi, e l’autore avanza sicuro nella sua narrazione in equilibrio fra tragedia e ironia. La storia offre uno sguardo umano e inaspettato a una fine del mondo spaventosa in maniera sorprendente.”
Intervista al nostro primo vincitore, il Breve Scrittrice Felice di settembre: Misia Vecchio
La Nostra Breve Scrittrice Felice di settembre ha contraddetto alla regola numero uno che viene insegnata in tutte le più importanti università americane il primo giorno di lezione sulla micro-narrativa: “Mai illudersi di poter scrivere una storia corale, convincente, in una sola pagina di word. C’è stato un solo Hemingway a sto mondo, e credere che si sia reincarnato in qualcuno di voi è arrogante perfino per chi sogna di fare lo scrittore.”.
Così vi direbbero. Ma Misia l’avrebbe fatto comunque, perfino sui banchi di Berkeley, perché scrivere per lei è qualcosa di istintivo, che procede per canali che devono trovare una loro via al foglio.
Ha pensato a tutte le volte in cui si dice: “Non è la fine del mondo…”, e ha scritto il racconto d’un fiato, man mano che i personaggi bussavano alla sua mente; si è fermata solo sul finale, perché le parole a disposizione erano poche e le serviva individuare un porto in cui andare a ormeggiare assieme al lettore.
È un’insegnate della scuola dell’infanzia, e una psicologa; forse tenere a bada 26 bambini tra i 3 e i 6 anni, ogni giorno, allena a intrecciare e slegare matasse interiori con naturalezza.
Di certo la scrittura è arrivata a lei in quel modo, dopo i trent’anni, per rielaborare un doloroso lutto in famiglia attraverso poesie gettate sulla carta per non trattenerle dentro.
In modo altrettanto organico è arrivata la stesura di brevi racconti per Fondazione Rosewater, lo stesso blog per cui è passata anche un’altra vincitrice di Breve Storia Felice, Giovanna Adelaide Busacca.
Per qualche anno ha scritto un racconto breve alla settimana, divertendosi a romanzare le storie degli altri e a lasciarsi portare per mano dall’ispirazione del momento. Poi basta. Fino al suo racconto per il nostro contest di settembre.
“Non ho mai avuto problemi a mettere su carta dei pensieri, neppure da bambina, ma non ho neanche mai posseduto il fuoco necessario per scrivere qualcosa di più ambizioso, per dedicarmici…”.
La sua scrittura è pop, lo stile vagamente anglosassone, in planetaria rivoluzione attorno a delle immagini più che ancorata alle descrizioni di stati d’animo o di umanità; e invece i suoi scrittori preferiti fanno l’esatto opposto stilistico, crogiolandosi dentro a un linguaggio (e un sentire letterario) ricco, nostalgico e pieno.
Misia adora le penne sudamericane, Gabriel García Márquez su tutti; di lui ha praticamente letto tutto. E poi ci ha consigliato Gioconda Belli, una giornalista, scrittrice, poetessa nicaraguense che ha raccontato le vicissitudini politiche del suo paese e l’emancipazione della donna dopo aver guidato la rivoluzione sandinista in prima persona.
Noi le consigliamo un buon film dei Monty Python, perché potrebbero essere i sei fratellastri inglesi che non ha mai conosciuto. E perché nessuno dovrebbe passare a “miglior” vita senza prima aver imparato da loro qualcosina su quella “peggiore”.
NON NOMINARLA INVANO di Misia Vecchio
Quando la fine del mondo citofonò stavo lavando i pavimenti.
“Eh che cazzo!” poggiai lo spazzolone alla parete e andai ad aprire la porta, senza chiedere all’avventore d’identificarsi, come sempre pregna di un’inossidabile fiducia verso il prossimo “fino a prova contraria”.
Quando la fine del mondo citofonò, al secondo piano del palazzo di fronte al mio, la signora Beltrani stava cucinando. Sul fuoco ribolliva una pentola di ragù, il timer a forma di mucca scandiva ticchettando i minuti e lei seguiva con rapimento la puntata di una telenovela sudamericana. Sbuffando si alzò e andò a rispondere al citofono.
“Chi è?”
“Sono la fine del mondo”
“Ancora voi! Non credo alla fine del mondo e ad altre cazzate!”
Agganciò la cornetta sbattendola con forza e tornò alle vicende amorose della protagonista che stava litigando furiosamente con la sua rivale.
Qualcuno bussò alla porta.
Quando la fine del modo si presentò allo sportello dell’ufficio anagrafe del mio paese, Arturo Colombo, impiegato comunale sulla trentina, stava controllando quanti like aveva accumulato il suo post quotidiano di ricette asiatiche su Facebook. Cucina e viaggi erano due passioni facilmente conciliabili.
Posò lo smartphone e alzò lentamente lo sguardo incrociando penetranti occhi blu.
“Buongiorno, sono la fine del mondo”.
Arturo la fissò qualche secondo.
“Effettivamente, lei è veramente molto bella”
Mentre il citofono di casa mia squillava, la famiglia Rossi stava facendo un pic-nic sulla spiaggia godendosi gli ultimi giorni estivi. Madre, padre e due figli di sei e dieci anni erano attrezzati di ombrellone, due sedie e due sdraio, borsa termica, tavolino.
Stavano mangiando, in ordine sparso, insalata di riso, panini al prosciutto, pizza, focaccia, wurstel, melone, anguria, crostata. Alla fine del pranzo si accorsero di non aver portato sacchetti per raccogliere la spazzatura. Decisero di lasciare tutto lì perché era tardi per trovare soluzioni e i bambini dovevano andare a dormire, tanto “qualcuno passerà a pulire la spiaggia e poi non sarà mica la fine del mondo. L’inquinamento vero arriva da altre parti”.
Mentre la signora Beltrani sbatteva il suo citofono, Carlo1965, noto leone da tastiera, stava leggendo un post riguardante il naufragio di un gommone di migranti al largo della Libia. Il bilancio era di circa quaranta morti tra uomini, donne e bambini. Carlo poggiò la sigaretta nel portacenere e digitò “non sarà la fine del mondo! Quaranta bocche da sfamare in meno per noi ”. La rabbia e l’angoscia che si portava dentro da quando la sua ditta aveva dichiarato fallimento, lasciando a casa lui e gli altri dipendenti, la placava e nutriva così, almeno fino al prossimo post, almeno fino al prossimo capro espiatorio, almeno fino al prossimo.
Mentre Arturo fissava a bocca aperta la bellissima donna presentatasi al suo sportello, Beatrice Castronna stava tornando a casa dal lavoro seduta in metropolitana. Il turno al ristorante quella sera era stato faticoso, per fortuna era riuscita a prendere l’ultimo treno, con i mezzi di superficie il percorso verso casa si allungava. Nel vagone c’erano altre persone, ma non la ressa delle ore di punta. Ad una fermata salirono tre ragazzi rumorosi che adocchiarono la giovane ragazza aggrappata al palo vicino al sedile di Beatrice. Si misero in piedi dietro di lei e iniziarono ad importunarla con “complimenti” pesanti e volgari. La ragazza imbarazzata finse di non sentirli e si guardò intorno spaventata, i suoi occhi incrociarono quelli di una signora seduta. Beatrice si sentì trafiggere da quello sguardo, abbassò la testa, prese il telefono e si mise a sistemare le foto delle vacanze. Pensò “del resto stanno solo scherzando, non è mica la fine del mondo. E se lei va in giro mezza nuda evidentemente gradisce questo tipo di attenzione”.
Quando aprii la porta la vidi.
“Buonasera sono la fine del mondo. Posso entrare?”
“Di cosa ha bisogno?”
“Sto facendo pulizia”
In quel momento si sentì un urlo, guardando verso la finestra vidi la signora del secondo piano del palazzo di fronte gettarsi dal balcone.
Col cuore in gola feci le tre rampe di scale di corsa.
Una volta uscita, ci misi qualche secondo per comprendere quello che stava succedendo. Dagli edifici precipitavano persone terrorizzate, in strada le macchine si schiantavano contro muri e alberi, davanti al mio cancello un uomo estrasse una pistola, sparò a due passanti e poi si punto l’arma alla tempia.
Sconvolta ritornai al mio appartamento, lei era seduta sul divano.
Mi resi conto che quella volta era davvero la fine del mondo e il mio pavimento era ancora bagnato.
Il secondo classificato è Alessio Ciani con “Tramonto”.
“Per lo stile e il ritmo che rendono la lettura coinvolgente. L’autore gioca con il lettore in maniera astuta e senza strafare, lasciando indizi qua e là che non compromettono la tragicomica sorpresa finale.”
Intervista al Secondo Classificato del contest di agosto: Alessio Ciani
Alessio ha 23 anni – “e due terzi” – come puntualizza immediatamente dopo; ha un modo del tutto singolare di scegliere le parole mentre parla, come se non gli bastasse la prima stesura della vita, neppure quando è una semplice chiacchierata al telefono.
Studia lettere moderne, ma non chiedetegli se vuole diventare professore, perché glielo chiedono già in tanti.
Noi gli chiediamo se vuole diventare scrittore e lui ci dà la sua visione della faccenda.
“Che poi è un po’ quello che vogliono fare tutti oggigiorno non appena riescono a prendere una penna in mano, no?… Però da lì a ritenere di poter tentare di farlo professionalmente è tutto un altro paio di maniche. Il sogno c’è, chiaro, ma non ho tutta questa fiducia nelle mie capacità.
Se il caso mi darà l’occasione di pubblicare e di iniziare un cammino, ben venga, per adesso resto scettico.”.
Degli scrittori predilige i classici: “Anche se la maggior parte della gente crede che siano figure mitizzate o troppo lontane dal vissuto quotidiano di oggi, quando i classici rispettano la legge di realtà e sanno usare la penna in modo unico, allora sono quelli che preferisco, sia come letture che come punti di riferimento.”.
Dostoevskij per il modo in cui rende su carta la sua visione della vita, Alberto Savinio, il fratello di de Chirico, perché riesce a rimanere ancorato al mondo reale anche quando inserisce l’elemento fantastico, che poi è il suo espediente per consegnare al lettore il messaggio o la morale di un racconto.
In “Tramonto” Alessio ha provato a fare esattamente questo: dire qualcosa attraverso tutt’altro, inquadrare un argomento molto concreto di spalle, senza affrontarlo a muso duro, con l’arma dell’umorismo e del grottesco, ma facendo attenzione a non cadere mai nel banale.
“Ed evitando di suonare troppo moralistico o pesante,” – precisa – “perché sui social i concetti esistenziali rimbalzano e sono persi per sempre, mentre si deve trovare un modo per fermarli quanto basta.”.
Alessio legge di tutto, e scrive di tutto, su taccuini che richiude nel cassetto, soprattutto quelli in cui ha vergato le sue poesie in prosa, di cui non si fida per niente.
Di romanzi commerciali non ne vuole ancora sapere; solo recentemente ha ceduto al fascino di un successo editoriale: “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery.
“Me-ra-vi-glio-so. Lì dentro ci ho trovato la mia filosofia di vita: non si deve inseguire un significato totale, o rincorrere uno scopo ultimo e più grande; la vita è fatta di una somma di singoli attimi di eternità, e dopo ogni attimo lo scopo di quel preciso momento svanisce e bisogna andare alla ricerca di un altro attimo di eterno.”.
23 anni e due terzi; come avrebbe detto Sean Connery in Scoprendo Forrester: “Remarkable”. “Notevole”.
Ha scritto il suo racconto in 25 minuti e ha trascorso i successivi 12 giorni a limarlo, come uno scultore meticoloso attorno alla propria opera d’arte.
Alessio dice di non avere la pazienza sufficiente per fare il professore, ma una cosa è certa: possiede la devozione per andare oltre la barriera del foglio bianco, volta dopo volta, per spendere ore sulla possibilità che un punto e virgola sia degno di rinascere punto sulla pagina o viceversa, per rendere un po’ della bellezza naturale del pensiero tra le righe scritte.
Non potrebbe mai fare il professore, così dice, ma lo scrivere non potrebbe essere spiegato meglio.
TRAMONTO di Alessio Ciani
(Base Star, 14 luglio 2019)
— … e questo dunque è quello che andremo a fare. La fanteria gassosa degli alleati è riuscita a occupare largamente l’atmosfera e dopo centocinquanta anni è finalmente pronta a offrirci un aiuto fondamentale. Obiettivo principale di questa prima ondata sono i ghiacci. Finora sono riusciti a respingerci, ma grazie ai nostri solidi avamposti abbiamo adesso un’occasione irripetibile per occupare in modo massiccio il territorio nemico. Successivamente provvederemo a intensificare le operazioni nei vari ecosistemi studiati dal nostro reparto scientifico e a ridurre, fino ad azzerarla, la reperibilità di approvvigionamenti. Le attività antropiche hanno gravemente compromesso la resilienza della biosfera, dovremo soltanto darle il colpo di grazia.
Andate e fate affogare quei bastardi. Per il Sole!
— PER IL SOLE!
* * * *
(Spazio interplanetario, 15 luglio 2019, alba)
— Base Star, qui Alfa1, controllo trasmissione. Passo.
— Alfa1 ti riceviamo.
— Chiedo permesso per dare inizio all’attacco della Squadra Helios. Passo.
— Permesso accordato. Illuminateci ragazzi.
— Ricevuto.
Qui Alfa1 a Squadra. In formazione, pronti all’offensiva.
* * * *
(Atmosfera terrestre, 15 luglio 2019, zenit)
— Gamma7 è stato intercettato, la Sezione UV2 è persa, ci stanno respingendo!
— Beta9 mantieni la calma! Rimani in formazione! Dove diavolo sono gli aiuti da terra? Figli di puttana.
— Le rilevazioni erano sbagliate, l’atmosfera è troppo libera. Alfa1, è un suicidio, chiama la ritirata!
— Non esiste! Mai! Questa specie ha resistito abbastanza, è ora di farla finita.
— Benvenuti alla festa ragazzi, finalmente ci s’incontra. Parla il generale del Corpo d’Assalto CO2. Scusate l’attesa, ci sono state delle rotture di palle; abbiamo già provveduto a inviarvi rinforzi, sono in volo.
— Quanto cazzo vi ci è voluto? Qui sopra stiamo morendo!
— La vita non è semplice nemmeno per noi Alfa1, questi ridicoli accordi internazionali sono una spina nel fianco.
— Al diavolo queste stronzate, dateci coordinate visive, abbiamo perso i radar.
— Oh suvvia, un minimo di riconoscenza per chi vi ha appestato così per benino l’aria.
— Davvero un bel cazzo di lavoro… Le coordinate!
— Dovete seguire il fumo a nord, i nostri premurosi nemici hanno deciso di venirci incontro. Le truppe che vi stanno raggiungendo vi scorteranno.
— Fumo? Non ci hanno parlato di fumo!
— Sì, be’, non sappiamo perché ma da circa tre settimane stanno appiccando degli incendi nelle aree boschive della regione fredda; a sud se ne stanno aggiungendo altri. A quanto pare abbiamo lasciato troppo ozono per i vostri sistemi di mappatura, non lo avevamo previsto, ma non preoccupatevi, stavolta gli allarghiamo un altro buco.
— Aggiornateci sulla situazione allora!
— Da giorni abbiamo provveduto a inviare i corpi speciali che hanno preso il controllo delle zone interessate. Seguite la nube, l’area-target è quella invasa dalla coltre. La divisione informatica Cyneris è riuscita a inserirsi nei sistemi della contraerea glaciale e a inibirli, vi supporterà nelle operazioni. Rompetegli il culo!
— Ricevuto.
Squadra Helios, ricongiungersi. Obiettivo acquisito.
* * * *
(Atmosfera terrestre, 02 novembre 2220, crepuscolo)
— Alfa1, com’è il panorama da lassù?
— Duecento anni. Duecento anni di scontri. Finalmente abbiamo debellato questa piaga.
— Oh suvvia, la prendi troppo seriamente, un po’ di rispetto per un valido avversario. Avrebbero potuto durare tanto…
— Nessun rispetto per chi dimostra di non amarsi. Secoli di evoluzione e sviluppo per finire soffocati dal proprio vento, per vanificare tutte le nostre cure, per avvelenare il loro fottuto utero. Patetici, e stupidi, profondamente stupidi. Sono riusciti perfino a renderci ostili, dopo tutto quello che gli abbiamo concesso!
— Incontestabile. Ma la varietà delle forme, l’operosità, la fantasia… c’era del fascino in quello che facevano.
— Hanno perso di vista loro stessi. È il difetto delle grandi cose: sembrano eterne; ma tutto è attraversato dall’aria, tutto viene raggiunto dal Sole, e tutto irrefrenabilmente cambia. Questo è il traguardo per il quale hanno corso.
— Credi che ricomparirà qualcosa prima o poi? Di tecnologico dico.
— Oh certamente, fra milioni di anni, e non potranno avere alcuna memoria di tutto questo. Chissà se dovremo intervenire di nuovo.
— Qui Ray4, confermo l’estinzione degli ultimi focolai, potete procedere con la comunicazione. Ripeto, potete procedere con la comunicazione. Passo.
— Ricevuto Ray4.
Base Star, qui Alfa1. Passo.
— Ti riceviamo Alfa1.
— Le ultime roccaforti sulle coste sono state sommerse. Si registrano risorse insufficienti alla ripresa della vita e la definitiva assenza di spazio abitabile. L’umanità è caduta. Ripeto, l’umanità è caduta.
— Ricevuto Alfa1. Ben fatto ragazzi, ci avete illuminato. Per il Sole!
— Per il Sole. Passo e chiudo.
Il terzo classificato è Beatrice Chirio con “300 parole per finire il mondo”
“Sfruttando un bel gioco letterario, viene raccontata una fine del mondo molto diversa da tutte le altre. Amara e originale, colpisce e trova una sua dimensione anche (e proprio) nella brevità del testo.”
Intervista al Terzo Classificato del contest di agosto: Beatrice Chirio
Alla voce karma di Beatrice c’è scritto: “vincere concorsi letterari”.
Anche quelli a cui non voleva partecipare, o quelli a cui partecipa per caso.
Alle superiori la sua insegnante di lettere la iscrive a un concorso di poesia e Beatrice vince, stessa cosa al successivo concorso, di racconti; il suo viene pubblicato da una casa editrice.
Poi la vita si è messa di mezzo, come si diverte spesso a fare, e la scrittura ha preso la forma di un pensiero: “Un giorno scriverò un libro…”.
“Non è neppure un pensiero lucido,” – ci dice – “è qualcosa che lascio volteggiare nel pianeta dei sogni. Mi è capitato di scrivere qualche volta, perché ero triste e volevo sfogarmi. Ma ormai non lo facevo più da un sacco di tempo.”.
Oggi è una sociologa, appassionata del suo lavoro, e al momento si occupa di un progetto per Save the Children in cui affianca ragazzi con situazioni scolastiche o famigliari meno fortunate. Un’educatrice, in due sole parole, anche se Beatrice fatica a dirlo, perché quando fai un lavoro per passione è meno importante la targhetta sulla giacca, o su una porta, conta di più il singolo giorno, il singolo passo in avanti, il come prepararsi ai passi indietro.
Si è imbattuta nel nostro concorso per puro caso, perché legge il blog di Nicolò Targhetta e ha visto l’annuncio.
“Ho pensato: può essere una cosa divertente, un modo per staccare la spina da un lavoro che amo, ma che a volte ti prende dentro come un vortice.”.
Doveva tornare a Torino da Roma, in treno, aveva quattro ore tutte per sé, e così è venuto alla luce il suo racconto, volutamente di 300 parole precise, volutamente vago circa la fine del mondo vera e propria.
“Avevo paura di essere banale, si è già scritto di tutto sulle possibili fini del mondo. Mi sono detta: concentriamoci piuttosto sul come potrebbe non finire…”. E da lì è nato l’artificio letterario dei trecento salti, dei trecento giorni, delle trecento parole.
Temeva di aver scritto qualcosa di troppo semplice, di troppo poco “letterario”, di aver perso lo smalto delle scuole superiori.
La verità è che scrivere funziona quando chi ti legge impara qualcosa senza che tu gli stia insegnando niente, e questa capacità, forse, una ragazza di 29 anni che ogni giorno aiuta il prossimo a camminare da solo, ce l’ha impressa nel DNA.
300 PAROLE PER FINIRE IL MONDO di Beatrice Chirio
300 giorni alla fine del mondo. Lo sapevano tutti, ma nessuno ne parlava. Qualche accenno sottovoce con sguardo allarmato, come se il suono di quelle parole facesse correre il rischio di anticiparla.
Erano rimasti in pochi ad avere ancora una speranza. Eppure c’era davvero. Qualcosa di talmente folle da sembrare assurdo. Ma non impossibile.
Si trattava di invertire la rotta. Tornare indietro.
Se la fine era vicina, la soluzione stava nel rivolgersi verso l’inizio. Regredire invece che evolvere. In un perverso percorso antiorario che avrebbe condotto l’umanità attraverso globalizzazione, nazionalismi, guerre mondiali, inquisizione, in un movimento a ritroso fino all’età della pietra.
Certo, a quel punto la fine sarebbe sopraggiunta comunque, ma dopo 200mila anni e non 300 giorni. Secondo alcuni scienziati invertire i movimenti di rotazione e rivoluzione della Terra avrebbe avuto questo effetto. E farlo era possibile. Si trattava di un salto. Ogni giorno, a mezzogiorno (ora di Greenwich), 7 miliardi di persone sincronizzate per saltare. Un semplicissimo salto insieme.
Ma era necessario iniziare in quell’esatto momento. 300 giorni. 300 salti. 299 non sarebbero bastati.
La paura di sapere a cosa andare incontro però era più grande di quella di non saperlo. Dover riaffrontare i propri errori ed orrori, in una lotta interiore di responsabilità e colpe, sarebbe stata una guerra terrificante e struggente al tempo stesso.
L’angoscia di attraversare sofferenze, soprusi e ingiustizie, certi nella storia, fece impazzire molte persone. E così quel giorno a mezzogiorno “non è successo niente”.
L’umanità scoprì di non avere il coraggio di ricordarsi cosa fosse stata. Ne trovò un altro: il coraggio di procedere inesorabilmente verso l’ignoto, così come in realtà aveva sempre fatto. Morte certa nel futuro, piuttosto che vita certa nel passato.
300 i giorni che mancavano alla fine del mondo. 300 le parole che non hanno impedito accadesse.
MENZIONI D’ONORE
CLIC di RedInk perché la fine del mondo digitale è un paradosso a cavallo tra la distropia e l’utopia. Riga dopo riga Redink ci fa camminare su questo filo sottile di immagini forti e verità buie.
LA FINE DEL MONDO di Gil Pender perché è difficile scrivere meglio. E perfino a degli inguaribili sarcastici dissacratori come noi, Gil ha fatto credere che la fine di un amore possa davvero essere la fine del mondo.
IL FIGLIO DELL’OROLOGIAIO di Stefano Palumbo perché il figlio di un orologiaio che rimette assieme i pezzettini in un mondo finito, accanto al suo gatto Pavlov, rimane l’immagine più bella del nostro settembre.
I VINCITORI DELLA GIURIA POPOLARE
ossia i due racconti che hanno ottenuto il numero più alto di like combinando i voti di Facebook e quelli di Instagram
RESET di Matteo Abrami
SURVIVAL di Francesco Stupia
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