ALL-STAR Contest 2020
dicembre ’20 – gennaio ’21

 

 

MOTIVAZIONE DEL GIUDICE D’ONORE

 

Un saluto a tutti i partecipanti, ai quali faccio i miei complimenti.
Ma mi tocca fare una scelta. E alla fine ho deciso di premiare “L’ultima notte della regina”, di Virginia Coral. Per la scelta inusuale del contesto, per la prosa matura e fluida, per il bel finale sospeso.
Credo inoltre che questo racconto si presti più di altri a diventare una storia raccontata per immagini.

Congratulazioni all’autrice quindi, e in bocca al lupo a tutti.

Francesco Carofiglio

 

 

Il Breve Scrittore Felice 2020 è VIRGINIA CORAL con il suo racconto “L’ultima notte della regina”.
Sarà lei a vedere il proprio racconto trasformato in graphic-novel!
È anche arrivato il momento di ringraziare i nostri All-Star che non hanno deluso le nostre aspettative, nessuno di loro, e le penne nuove che ci hanno sorpreso per intensità e originalità, in particolar modo Alessandro Coppola con il suo A(Live), Riccardo Negri con Il lupo vuole te e la nostra prima penna d’oltre oceano, Margherita Autuori, che da New York ci ha inviato il racconto vincitore della giuria popolare, Galleggiare a pugni chiusi
È arrivato il momento di ringraziare il nostro prestigioso giudice d’onore, Francesco Carofiglio, per il tempo che ha dedicato ad ognuno di voi, la gentilezza e la sensibilità verso la scrittura e verso chi scrive che ha letteralmente regalato al nostro concorso e che è difficile rintracciare in Italia. Il nostro giudice vi ha trovati affascinanti da leggere, noi, grazie a voi, ripartiamo nel 2021 con nuove idee ed entusiasmo.
Potremmo citare qualcosa di ogni singolo racconto in concorso che ci ha emozionato e non è detto che la redazione non lo faccia a breve, per ora ci limitiamo a congratularci con IL BREVE SCRITTORE FELICE 2020 e ad augurare un in bocca al lupo a tutti gli altri. Avete 12 mesi e altrettante occasioni per riprovarci e ed emozionarci di nuovo. Grazie!!!

 

Il Breve Scrittore Felice 2020 è Virginia Coral, la nostra prima medaglia d’oro del nostro primo concorso online del luglio 2019, il suo racconto un vero e proprio attimo di letteratura all’interno del vortice dei social. Perché questo la scrittura fa quando ha il coraggio di soffrire sotto ai polpastrelli, di ambire alle vette raggiunte dai più grandi: leva il tempo come unità di misura, leva perfino lo spazio, il pavimento sotti ai nostri piedi scompare e con lui anche il soffitto sopra alle nostre teste. Esistono solo le parole sulla carta e il loro mondo sospeso in cui tutto è più intenso, più chiaro, più vero anche se difficilmente spiegabile.
Thomas Mann, premio Nobel per la letteratura nel 1929, un giorno disse: “Uno scrittore è una persona per cui scrivere è più difficile che per gli altri”. Virginia conosce il profondo significato di quella frase meglio di molti altri. Quando decide di sfidare il foglio bianco non lo fa per sfogarsi, per raccontarsi, per comprendere meglio il mondo o se stessa, o per far sentire la propria voce, la mano che scrive scompare dentro alla storia, il battito tra le righe pompa vita dentro ai personaggi e al loro universo, disinteressandosi della salute del creatore, ogni virgola, ogni termine, ogni sfumatura sono una scelta sofferta che non vive di istinto ma di rispetto per le grandi storie che sono venute prima delle sue. E quando quell’universo parallelo riesce a stare in piedi da solo, arriva la parte più difficile: deve regalarlo alla carta e sperare che abbia gambe forti a sufficienza per andare lontano.
Virginia Coral è una scrittrice fatta e finita: per lo stile, lo sguardo unico sul mondo, la tecnica, quel tango calibrato tra disciplina ed estro che si impara solo dopo anni di danza con le parole. E come tutti gli scrittori che si rispettano dubita di tutto: della bontà dei suoi scritti, delle sue mille scelte stilistiche, della forza dentro di sé per affrontare nuove vette creative, della voglia degli altri di vibrare assieme ai suoi personaggi, dell’irrilevanza nel 2021 di un racconto ambientato nell’Inghilterra del 1500…
“Perché questo racconto?
Ho voluto dare voce a una ragazzina ingenua, macinata dagli ingranaggi del potere. Ho cercato di immaginare il suo punto di vista, le paure e le vanità di un’adolescente finita in un gioco di palazzo di cui non conosceva le regole. Sciocca forse, ma tanto simile alle nostre figlie sedicenni.
È un onore essere stata scelta come vincitrice da un grande personaggio come Carofiglio, e non parlo solo di scrittura. Ne sono davvero felice. Temevo che il mio linguaggio fosse datato e che l’argomento risultasse poco stimolante, un po’ grigio per un pubblico abituato a tinte vivaci e luci accecanti. Ho un manoscritto in fondo a un cassetto che parla delle sei mogli di Enrico VIII, dal quale ho tratto l’idea di questo racconto. Duecento pagine in attesa che qualche editore volonteroso abbia la pazienza di leggerle. Con questo premio mi è tornata la speranza che, chissà, potrei avere anch’io una piccola platea di lettori.”.
Noi ce lo auguriamo per un sacco di motivi diversi: primo perché ci piace pensare che tra gli scaffali delle librerie italiane ci sia sempre più spazio per le storie scritte bene e sempre meno per quelle scritte male, secondo perché le storie che meritano di essere lette non sono mai quelle rigorosamente vere o vicine a noi, o vicine a chi le ha scritte, ma quelle semmai che spezzano più catene possibili del quotidiano.

 

L’ultima notte della regina
Caterina Howard, V moglie di Enrico VIII
L’ultima notte. Ancora poche ore e poi tutto finirà. Non riesco a riposare, la flebile speranza della grazia mi tiene sveglia. Confido ancora nel perdono di Enrico. Non voglio credere che mi lasci morire. Se mi vedesse ora, smagrita e pallida, con indosso un vestito di panno grigio, avrebbe pietà.
È stato crudele rinchiudermi alla Torre di Londra. È un luogo freddo e spettrale, dove si comincia a morire ancora prima di essere giustiziati. Il sole fatica a penetrare attraverso le piccole finestre. L’umidità disegna fiori di muffa lungo le crepe dei muri. Non ho profumi per contrastare l’odore stantio che impregna questa stanza angusta. Non ho neanche un gioiello. Avevo chiesto di tenere l’abito di seta color cipria, ornato di ermellino. Il mio preferito. Mi è stato negato. Il re non fa regali, concede prestiti. E quando cadi in disgrazia, torna tutto nei suoi forzieri. Impazzisco se penso che le mie perle orneranno il collo della prossima regina.
Sono esausta, ma se chiudo gli occhi, vedo il fantasma di coloro che mi hanno preceduto, che hanno dormito tra le stesse ruvide lenzuola. Mia cugina Anna Bolena, per esempio. So poco di lei. Ero una bambina quando successe il fattaccio. “È una puttana,” – imprecava mio padre “Ha coperto di fango la famiglia. Spero proprio che le taglino la testa”. E poi nessuno ne volle più parlare.
Anch’io ho delle colpe. Ho mentito al re, facendogli credere di essere vergine. E poi l’ho tradito con Culpeper. Quando lo sguardo regale si posò su di me, ero ancora una bambina. La pelle era fresca e candida, come il petalo di un giglio. Enrico deve aver pensato che anche il mio cuore fosse immacolato. Non era così. A quel tempo il confine tra il bene e il male mi sembrava un rigagnolo incerto tra due campi di torba. Lo vedevo a stento. Mia madre morì troppo presto. Non ebbe il tempo di spiegarmi che la felicità coincide di rado con la moralità e che il piacere ha poco a che fare con l’amore coniugale. E poi, per dirla tutta, quando il re mi chiese in moglie, nessuno pretese la certificazione della mia verginità.
I pensieri infiammano la mia mente e sbarrano il passo al sollievo del sonno. Sono stata avventata e frivola, ma ero una ragazzina. Quando mio zio, il Duca di Norfolk, mi chiamò a corte, ero al settimo cielo. A quel tempo non avrei mai pensato di diventare regina: i miei modi erano dozzinali e le parole uscivano dalla bocca senza alcuna censura. All’annuncio delle nozze, la mia famiglia si strinse intorno a me in un abbraccio festoso. Ora che la mia stella si è spenta, mi scaricano come un sacco di letame.
A mio modo ho amato Enrico. È vecchio, sì, e grasso. Ma ero orgogliosa di sedere al suo fianco con una corona in testa.
Mi cercava tutte le notti. Io chiudevo gli occhi e pensavo ad altro, stretta in quella morsa di lardo maleodorante. La mia rosa senza spine, sussurrava, coprendomi di baci. Lo lasciavo fare; speravo che la ferita alla gamba cominciasse a fargli male, costringendolo a coricarsi di schiena. Anche allora non dormivo. Provavo ribrezzo per quella carne molle, ricoperta di peluria rossiccia. Per non parlare dell’odore nauseante di cancrena. A trent’anni era il più bel principe della Cristianità. Allora io non ero ancora nata. Gli anni di regno hanno rosicchiato quella bellezza come tarli insolenti.
Fingevo di non accorgermi che il suo membro era fiacco. A ogni luna, gocce di rubino macchiavano la mia veste. Il suo umore si oscurava e io temevo per la mia vita. L’attesa frustrante di un erede maschio aveva già segnato il destino delle prime due mogli. Raddoppiai i baci e i giochi, mi aprii a lui come un fiore alla furia del temporale. Fu tutto inutile.
Poi incontrai Culperer. Nei suoi occhi vidi il mare d’inverno. Fu impossibile resistergli. Quando il suo membro vigoroso mi trafisse, pensai che il destino avesse voluto darmi una mano: un seme giovane per generare il figlio del re. L’antichità del mio lignaggio avrebbe assicurato un rampollo degno della corona inglese. Non ce ne fu il tempo. La prudenza è un talento della vecchiaia. E io ero troppo giovane. La relazione fu subito chiara a molti. E qualcuno riferì al re.
Non ho chiuso occhio e una pallida luce s’insinua già nella stanza. È l’alba del 13 febbraio 1542 e io morirò. Non è ancora primavera.

 

PREMIO SOCIAL ALL STAR CONTEST 2020

 

Margherita Autuori, che da New York ci ha inviato il racconto vincitore della giuria popolare, “Galleggiare a pugni chiusi…” con ben 270 voti social tra Facebook e Instagram. 

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