maggio 2021

 

Podio del Contest di maggio 2021

 

 

Il Party. Nel 2017 la regista di culto Sally Potter ha scritto una sceneggiatura interamente incentrata su una piccola festa organizzata da una politica per festeggiare la sua probabile elezione a ministro della salute. Vi chiediamo di fare lo stesso: raccontateci la “vostra” festa. Cosa succederebbe? È Capodanno? È un compleanno con solo 4 invitati? È un fiasco?… Stupiteci in 300 parole!

Il nostro giudice d’onore di maggio, la giornalista del Corriere della Sera Elvira Serra, ha scelto il suo podio del mese e ci ha chiesto di premiare due racconti in ex aequo e poi un terzo racconto per la medaglia di bronzo. Per cui senza ulteriori indugi, ecco i due racconti che si spartiscono la Medaglia d’oro:

 e

Blind Date di Sara M. e Coming Out Party di SadFred

“In entrambi i racconti, pur diversi, ho trovato un tratto di fragilità che ci riporta alla forza dei sentimenti, al desiderio di accettazione da parte degli altri, al sano bisogno di umanità.”.
Complimenti a Sara M., una delle penne più tecniche e romantiche di BSF e a SadFred, che sa immortalare i fili nascosti che legano le persone in una sola riga!

Medaglia di bronzo: Magic Tower di Edo 78

 

“Ho deciso di premiare questo racconto per l’atmosfera che ci riporta ai nostri sogni, all’infanzia perduta e al futuro che scegliamo.”. Edo 78 torna sul podio 8 mesi dopo con un’altra perla incastonata dentro una piccola bolla onirico/letteraria che ci lascia sospesi nel mondo dei sogni quanto basta per sentirci meglio.

 

Intervista al Sara M.

Sara ha 70 anni; è la prima cosa che ha tenuto a dirci. La seconda: “È la prima volta che vinco qualcosa in vita mia.”.
Suo marito è stato traduttore per tutta la vita, lei gli è stata accanto.
“Mi sembra di aver cresciuto i nostri figli e le sue traduzioni. Una volta finita la prima stesura, mi passava il manoscritto e voleva che cambiassi le frasi che non filavano, che mi accorgessi dei punti in cui c’era lui e non l’autore originale. Ho sempre amato i libri, ne ho sempre divorati 2 o 3 alla settimana. Ero convinta di essere portata per le parole, ma tranquillizzata dal fatto che non ci fosse il mio nome sull’ultima pagina dei contratti.”.
Ha avuto una vita serena – così ci dice – dentro ai quadretti, ma forse avrebbe dovuto osare di più. Riesce a farlo solo sul foglio, eccome se ci riesce.
Sara M. è una delle penne più tecniche e romantiche di BSF, capace dei battiti giusti della scrittura, dell’eleganza dei vuoti e dei pieni sul foglio, di registri scelti sapientemente in base alla storia e di tridimensionalità dei personaggi, sfumati, complessi, sempre diversi, da lei e tra loro. Tra i nostri concorrenti ci ha regalato forse alcune tra le migliori storie d’amore, intense, credibili, mai sdolcinate o retoriche, benché profondamente classiche.
Il suo racconto “1900”, del novembre scorso, era un gioiello di misura, classe linguistica e scrittoria. La redazione lo aveva scelto senza indugio tra i testi finalisti ma non aveva avuto la fortuna di finire sul podio; “Blind Date”, vincitore ex aequo della medaglia d’oro di maggio, ci ha catapultato 100 anni dopo, nel mondo liquido dei trentenni di oggi, così diverso dalle atmosfere e dalle rigidità di pensiero del 1900, eppure ugualmente centrato, autentico e potente.            
“Mi fa piacere che vi sia piaciuto, penso che sia uno dei miei scritti meglio riusciti. Fai tutto uguale ma alcuni escono meglio, come i dolci.”.
Sara M. non ama sbilanciarsi, dare voti o giudizi, ma siamo riusciti a scucirle i titoli dei diversi racconti che l’hanno colpita questo mese: San Firmino, Lucie e Ombre, Wedding List, Chelsea Hotel. Anche Tabù, vincitore della giuria popolare, “perché non saprei mai scrivere niente del genere, niente di così crudo e ritmato…”.
Dissentiamo; se c’è una cosa che Sara M. non ha problemi a fare è ad imprimere una propria cadenza alla storia, a farla andare a passo con i tempi e i suoi protagonisti, ad assottigliare o ispessire la sua penna sotto al foglio a seconda dell’occorrenza. È una presenza fantasma dietro alle trame, un angelo che veglia sulla buona riuscita di un racconto, così come ha fatto per una vita intera alle spalle di suo marito.    

 

Blind Date di Sara M.

Mark sentì i brividi sulla pelle.
Si parla sempre di amore a prima vista, il suo fu amore al primo suono.
La voce di Margaret era dolce e sottile. Se la immaginava minuta, delicata, senza spigolature esteriori. Come liberava una risata, invece, faceva presupporre una sofferenza passata. Non rideva e basta alle sue battute, liberava parti di sé che non aveva condiviso da tempo, che le erano rimaste scomode dentro per troppo tempo.
E dire che in principio non aveva accettato l’invito del suo amico Bob.
“Ci vieni a questa cena al buio? Ti fanno sedere in un ristorante a luci spente, una coppia per tavolo… Ti bendano e poi iniziamo a servire le portate…”
“E se mi capita un cesso? O una noiosa?”
“Non è quello il punto. Il punto è apprezzare una persona per quello che ha dentro e non per com’è fuori.”
La cena cadeva il giorno del suo trentatreesimo compleanno; una serata in discoteca era più allettante.
Gli diedero buca quasi tutti i suoi migliori amici, per impegni inderogabili. Così, uscito dal lavoro, si precipitò al ristorante per festeggiare al buio con Bob. Al limite si sarebbero ubriacati dopo cena.
“Non avresti potuto festeggiare meglio! E poi quando ti ricapita di fare una cena del genere…”
Margaret si era presentata per prima, per rompere il silenzio al loro tavolo.
Faceva l’insegnante. La vecchia professoressa di storia di Mark era stata il suo primo amore segreto. Se la immaginò così: minuta, con i capelli corti e biondi, gli occhi vicini e la bocca sottile.
Ma man mano parlavano assieme, quel ricordo svaniva e lasciava posto alle emozioni.
“Oggi è il mio compleanno.”
“Auguri! Quanto devi essere disperato per festeggiarlo al buio?!”
Sapeva far ridere. Non le veniva spontaneo, ma andava bene così.
“Cosa vuoi fare dopo cena?”
“Togliermi la benda e scoprire se sei bello.”
“Hmm, in una scala da 0 a 10 credo di essere un 7.”
“Cavoli 7 è tanto. Io mi darei 6 oggi, ma solo perché mi sono truccata e ho messo i tacchi.”
Non si ricordava l’ultima volta in cui aveva giocato d’immaginazione. Pensò che avrebbero dovuto renderlo obbligatorio alle feste di compleanno dopo i 30 anni.
Chiacchierarono di tutto, degli amori passati, delle rispettive famiglie, commentando i piatti ad ogni portata.
“Ti avviso, Margaret, sto per slacciarmi il primo bottone dei pantaloni, ma non prenderlo come un preliminare…”
“Io credo di avere qualcosa tra i denti invece. Per fortuna che siamo bendati. Avere cose tra i denti è il motivo per cui ho smesso di andare ai primi appuntamenti.”
Mark la trovava adorabile, al momento dei saluti le mancava già.
Li fecero uscire da porte diverse, con ancora le bende sugli occhi.
Bob lo invitò a bere, ma lui rifiutò, voleva ritrovarla subito.
Corse all’uscita e vide di spalle una donna minuta che si incamminava a casa con la borsetta sotto braccio.
“Margaret?”
“Mark…?”
“Non sei un 6, sei un 7. E mezzo. Bé, il mezzo l’ho aggiunto perché hai i tacchi e sei truccata.”
Non era bella, era adorabile. O forse quando ci immaginiamo qualcuno per un certo lasso di tempo, l’immaginazione vince sulla realtà.
“E tu non sei un 7, sei un 6 scarso. Anzi ti do 6 solo perché oggi è il tuo compleanno. E le feste non si rovinano a nessuno.”
Aveva sorriso e poi era arrossita nel dirlo, perché non era capace di essere sfacciata. O almeno così si immaginava Mark.
“È la più bella festa di compleanno della mia vita.”

 

 

1° classificato ex aequoSadFred con Coming Out Party

Intervista a SadFred

Il Breve Scrittore Felice di questo maggio, in ex aequo con Sara M., ci ha spiazzato. E ci ha fatto scompisciare dalle risate. Il febbraio dell’anno scorso, quando ancora eravamo ignari del ciclone pandemico che ci avrebbe travolti, SadFred ci aveva sorpreso e divertito e commosso con un atipico ritratto amarcord di una famiglia molto napoletana e molto verace che si unisce attorno alle gare domenicali di Alberto Tomba. Pensavamo fosse la sua cifra: le piccole storie italiane, narrate con la cura per i dettagli che non colgono tutti, quelli apparentemente inutili e che invece, se usati sapientemente, sorreggono tutta una storia assieme ai suoi protagonisti.
Questo mese SadFred è riuscito a finire sul gradino più alto del podio con un racconto del tutto americano ma che parla un’altra volta di famiglia. I dettagli che puntellano la trama sempre posizionati ad arte, il messaggio di fondo universale: “Siamo tutti felici alla stessa maniera e infelici in milioni di modi diversi.”
Una sorta di incipit alla Anna Karenina, ma in chiave moderna.
“L’atmosfera da famiglia americana l’ho presa a prestito dalle serie televisive americane, anzi, forse sarebbe meglio dire che l’ho assorbita negli anni. Sono un divoratore seriale di serie tv e alla fine quelle realtà mi sono finite sotto pelle benché io in America non ci abbia mai messo piede.”.
Gli ricordiamo di Salgari che ha scritto storie eterne sulla Malesia e sui Caraibi a cavallo tra l’800 e il ‘900 senza essere praticamente mai uscito da Torino e dalle redazioni di giornale.
“Lui però è immenso perché l’ha fatto divorando dizionari stranieri e studiando Atlanti come un cieco che legge storie passando e ripassando i polpastrelli sui puntini braille. Io vivo al tempo di Netflix e YouTube. È un po’ come barare…”.
Ha una risata piena e uno spiccato accento pugliese.
“Come mai la famiglia protagonista nel primo racconto l’hai scelta molto napoletana, allora?” – ci viene naturale domandargli.
“Perché mi sarebbe sembrato di guardare le tette di mia sorella… Mentre scrivere è spiare dallo spioncino della vicina del terzo piano… Più metti un filtro tra te e la tua storia più ti torna indietro tutto quanto, se resti troppo vicino la tua storia è miope e sfocata.”.
Parole d’oro. E ci ha fatto ridere un’altra volta.
SadFred fa lo scultore, lavora il legno, la pietra pomice, le conchiglie. Di sé dice di essere un eterno vecchio, uno che avrebbe voluto nascere altrove e in un’altra epoca perfino da bambino, un nostalgico con picchi di immaturità e capricci intollerabili a 40 anni.
Noi sappiamo che sa immortalare i fili nascosti che legano o fanno inciampare le persone in una sola riga, con un solo gesto sul foglio, creando i suoi cammei di carta con pochissimo spazio a disposizione. Divertendosi a plasmare personaggi che riesci a vedere, a spiare da quel famoso spioncino per fare autocoscienza, per cogliere i difetti e i pregi di ciascuno di noi dentro ai piccoli gesti di debolezza e forza quotidiana.
“Scrivo da quando sono ragazzo. Scrivevo lettere d’amore, poi sono passato ai j’accuse sulle cose che mi facevano soffrire o indignare, adesso sono più genere saga famigliare… Dopo la morte dei miei genitori, ho paura di dimenticare e continuo a scrivere della mia famiglia e delle famiglie dei miei amici d’infanzia. Sono cose che tengo per me, a meno che sia convinto che siano riuscite particolarmente bene e a quel punto le faccio leggere a chi può essere interessato…”.
Il nostro concorso l’ha conosciuto per sbaglio su Facebook, mentre fingeva di fare il giovane e postava foto di sé in cui era venuto meno peggio del solito. La traccia di maggio l’ha subito trovata meno banale di quanto potesse sembrare di primo acchito. “E infatti i racconti di questo mese mi sono piaciuti parecchio. Li ho trovati per la maggior parte imprevedibili, intimi e con quella vena di tristezza che a me smuove tanto nell’arte…”.
Il suo preferito “San Silvestro” di Shabby Victoria, “perché non c’è festa peggiore e migliore allo stesso tempo di quella di Capodanno, I Miserabili di Victor Hugo che ognuno di noi riscrive ogni anno in una notte sola.”.
Ride. E noi con lui, come dentro al suo racconto vincitore, “Coming Out Party”, un prisma di 582 parole a cui non manca niente: ritmo, dialoghi autentici, ironia, personaggi fragili e redenzione finale.

Coming Out Party di SadFred

Appoggiò i piatti nel lavello e prese fiato.
Ora arrivava il peggio.
Non li aveva riuniti tutti quanti in salotto per testare il suo polpettone con il pubblico di critici più spietato nella storia, voleva che sapessero. Che per una volta lo stupissero in positivo.
Ce lo aspettiamo dai nostri amori, che ci stupiscano, lo pretendiamo dalle nostre famiglie. Sempre. Anche quando ci deludono da una vita intera.
“Jules, Cristo Santo, ci hai invitati tutti qui per scappare in cucina e farti i cazzi tuoi?”
Sua madre era la donna più volgare del mondo, lei era l’ultima che avrebbe capito. Puntava piuttosto su suo fratello Marvin. Suo padre invece si sarebbe versato da bere come faceva ogni volta che gli dava fastidio qualcosa.
“Arrivo, stavo sciacquando i piatti.”
Si riempì i polmoni di ossigeno e poi si incamminò verso il salotto.
“Allora, di cosa hai bisogno? Soldi per caso?”
“Non ti ho mai chiesto soldi papà, di cosa parli?”
“Nessun figlio riunisce la famiglia a 30 anni se non ha bisogno di qualcosa…”
“Non sono tutti degli scrocconi di merda come te. Lascialo parlare.” – lo aveva zittito sua madre.
“Oggi voglio che sia una festa.”
“Ti hanno finalmente pubblicato il romanzo?” – gli aveva domandato Marvin.
“No, non ancora…”
Lo guardavano tutti come si guarda un cane che di colpo si mette a parlare. E non aveva neppure cominciato.
“Non sarai incinta?” – aveva strepitato Sheila facendo seguire la sua solita risata satanica. Era la nuova compagna di suo padre, una parrucchiera per uomo che un giorno gli aveva spuntato i capelli divinamente. Così raccontavano che fosse iniziata tra loro. Anche se era più probabile che si fossero conosciuti al bancone di un bar.
“No, Sheila, anche se mi sarebbe piaciuto avere un figlio.”
“Oddio stai morendo…”
Frances, il nuovo compagno di mamma, si era alzato ad abbracciarlo.
“No, Frances…la verità è che… “
O lo diceva subito o non ne avrebbe mai più avuto il coraggio.
“Non potrò avere figli perché sono gay.”
Marvin sputò l’ultimo pezzo di polpettone nel piatto. E quello fu l’ultimo rumore per svariati secondi.
“Passami da bere, Jules.” – furono le prime parole di suo padre.
“Ma sei sicuro?” – gli domandò Marvin.
“Tendenzialmente uno fa diverse prove prima di affermare cose del genere, Marvin.”
Se anche suo fratello la prendeva così, era rovinato.
“Cristo Santo, e c’era bisogno di farmi mangiare avanzi infilati in un cazzo di polpettone davanti a quello stronzo di tuo padre per dirci cose che so da una vita?!”
“Come lo sai da una vita?!”
“Jules sono tua madre. Una madre queste cose le sa, cazzo.”
“E allora perché continuavi a farmi uscire con le figlie delle tue amiche?”
“Per evitarti sto pranzo del cazzo, Jules. Non dev’essere laureata una madre per provare a rendere la vita più facile a suo figlio.”
“Ma hai provato a farlo con una donna?” – li interruppe Marvin. Era evidente che non volesse accettare l’idea di un fratello omosessuale.
“Jules,” – disse suo padre dopo essere rimasto troppo a lungo in silenzio – “ce l’hai della carne in casa?”
“Sì, perché?”
“Perché non si può festeggiare con un polpettone. Usciamo in giardino e grigliamo.”
“Papà ci saranno 2 gradi in giardino…”
“Sarai anche frocio, Jules, ma resti sempre un uomo. Il freddo non ferma noi uomini.”
E grigliarono uno accanto all’altro per due ore in silenzio.
Il resto della famiglia a parlare e mangiare e recuperare salse dal frigo.

 

3° classificato: Magic Tower di Edo 78

“Ho deciso di premiare questo racconto per l’atmosfera che ci riporta ai nostri sogni, all’infanzia perduta e al futuro che scegliamo.”. Edo 78 torna sul podio 8 mesi dopo con un’altra perla incastonata dentro una piccola bolla onirico/letteraria che ci lascia sospesi nel mondo dei sogni quanto basta per sentirci meglio.

Intervista al Terzo Classificato del contest di maggio: Edo 78

Mentre il suo racconto “Midday in Paris” ancora aleggia in redazione, alzando sguardi verso il vuoto e sorrisi che spezzano le giornate, Edo 78 ci è riuscito un’altra volta. Ha sventolato la sua bacchetta letteraria nell’aria e ci ha portato altrove, in uno dei suoi mondi paralleli al nostro in cui tutto è possibile, immaginabile, cancellabile e riscrivibile. Lo fa con la naturalezza dei bambini, spruzzando sul foglio polvere di un sentire puro ma mai ingenuo, con uno sguardo nostalgico e allo stesso tempo costellato di speranza, come nei nostri sogni migliori.
I suoi micro-racconti sono destinati a restare, e non sul foglio da cui scappano non appena nati, ma dentro chi li legge, come quelle piccole conchiglie che raccogliamo sulla spiaggia il pomeriggio prima della fine delle vacanze più belle.
“Questo racconto è nato dalla penna, dalla tastiera, riga dopo riga, flash dopo flash, senza che sapessi dove mi avrebbe portato, senza riconoscere alcun punto di riferimento a cui aggrappare la storia. È stata una caduta libera, come mi ha detto Chiara (Zanini, la direttrice di BSF) al telefono… Non avrei potuto definirlo meglio…”.
Quando quegli attimi di creatività pura si impossessano di chi scrive, la magia è irreversibile, sul foglio e negli occhi di chi legge. È come riuscire a sintonizzarsi per pochi attimi sulla frequenza dell’universalità, quel magma del sentire umano che sta attaccato all’udito, all’olfatto, al tatto, al gusto delle cose, ma dal lato opposto, giusto pochi millimetri sotto la nostra pelle.
“…Il tema della festa mi ha attratto e respinto fin da subito. Non sono un gran frequentatore di feste, e non lo sono mai stato, neppure da piccolo, però poi ho pensato ai bambini… Per loro una festa nasce dal nulla, nasce dalla potenzialità dell’accadere, sgorga e si nutre dalla loro fantasia, che sanno cavalcare a briglia sciolte. E così ho fatto: mi sono seduto alla tastiera e ho cavalcato. In un’ora ho buttato giù il racconto senza dover correggere molto di quello che era sul foglio il giorno dopo. Una sensazione fantastica.”.
La stessa che proviamo noi ogni volta che leggiamo i racconti di Edo 78, il Nostro Saint-Exupéry portatile, un Piccolo Principe su carta che a volte ci viene a trovare da quel pianeta dei ricordi oggi troppo vituperato dai sovranisti dell’adesso-e-subito-e-basta.      

 

Magic Tower di Edo 78
Un giorno dell’anno del mai si tenne la festa più incredibile di sempre. Dentro ad un vecchio faro abbandonato, a picco sulla scogliera dell’isola che non esiste.
Per arrivare in cima, bisognava salire una lunga scala a chiocciola in ferro. La musica si udiva in lontananza, tra il rumore delle onde che s’infrangevano contro le rocce. Si era creata una coda per entrare lunga quasi due chilometri. Chi aveva tre occhi, chi i capelli più lunghi del mondo, chi veniva dal passato dopo aver attraversato la porta del tempo.
Davanti a Lulù c’era un bambino che teneva al guinzaglio una gigantesca testuggine.
“Cosa fa di speciale?”
“Nulla, ma ha compiuto 352 anni.”
“E come fai a saperlo?”
Il bambino estrasse dalla tasca dei pantaloni un foglio di carta che attestava gli anni esatti della sua tartaruga gigante.
“Viene dall’anagrafe degli animali.”
“Ah, non sapevo ne esistesse una.”
“Ce n’è una anche per i peluche.” – gli rispose, fissando il cagnolino di pezza di Lulù.
“Davvero? E dove si trova?”
“Sull’isola dei sogni. Se vuoi c’è un traghetto che fa avanti indietro ogni giorno. Parte alle 2 di notte e per le 5 di mattina sei di ritorno.”
Davanti a loro c’era la famosa Katerina Wurtz, la ballerina tedesca che non scendeva dalle punte da 22 anni.
“Secondo me quando nessuno la guarda riposa i piedi.”
“Non può,” – gli disse il bambino – “le suole delle sue scarpette a punta sono fatte in modo da prendere fuoco se toccano il suolo.”
La Festa alla Torre Magica era la più attesa dell’anno. Chi riusciva a parteciparvi aveva l’obbligo del segreto. Non poteva raccontare cosa accadeva in cima alla torre, né alcun dettaglio di ciò che aveva visto.
“Il tuo peluche cosa fa?” – gli domandò il bambino.
“Cammina da solo quando si sente a suo agio.”
“E come fai ad essere sicura che camminerà una volta arrivato alla Torre?”
Alla Festa era ammesso solo chi dimostrava una certa dose di magia alla cassa.
“Non lo so.” – rispose Lulù – “È questo il bello. Se il mio peluche avrà voglia di camminare parteciperò alla festa, altrimenti sarà stato bello comunque.”
Aveva ragione, la festa della Torre Magica era bella anche solo da immaginare, da attendere per un anno intero.
Lungo il cammino c’erano chioschi che vendevano da bere e da mangiare, cabine telefoniche per chiamare il genio della lampada, fotografi professionisti che scattavano foto all’anima per soli 15 soldi.
Su una panchina videro una donna minuscola addormenta accanto ad un sacco enorme.
“Ehi!” – urlarono assieme – “Guarda che perdi il posto in coda?”
Si era svegliata di soprassalto.
“Oddio mi sono addormentata! Grazie.”
“Cosa c’è nel sacco?”
“I denti da latte di tutti i bambini del mondo. Sono la fatina che li raccoglie di notte.”
“Da me non sei passata.” – gli disse il bambino.
“A volte siete troppi. Tieni, scusa.”
Gli allungò due soldini di cioccolato.
Erano quasi davanti all’ingresso. La musica adesso rimbombava nell’aria.
Guardarono in alto: si vedevano sagome danzanti sulla cima e fuochi d’artificio nel cielo.
“Che strano. Non si vedevano da lontano…”
“Perché non si vedono con gli occhi ma con la fantasia.” – rispose la fatina.
Il peluche si divincolò dalle braccia di Lulù e si precipitò su per la ripida scala a chiocciola.
“Avanti il prossimo.”
Quando raggiunsero la cima, la festa era appena finita, i fuochi d’artificio terminati.
“Non importa. Mi sono divertita tantissimo. Ci torniamo assieme l’anno prossimo?”
“Non lo so. Dipende dalla mia tartaruga. È molto anziana.”
Si abbracciarono davanti all’uscita con le lacrime negli occhi.
“Ci dovrebbe essere una fatina anche per le lacrime…” – disse il bambino.
“Ma quella c’è già!” – esclamò Lulù – “È la fatina dei ricordi.”

 

MENZIONI D’ONORE MAGGIO 2021

 

Benché “Frittelle” e “Hollywood Party” degli esordienti Sara B. e Orso Beni meritassero una menzione o, perché no, perfino un posto sul podio se avessero incontrato il gusto del nostro giudice d’onore, la redazione, dopo un’animata discussione sedata con 4 birre medie e rosse, ha scelto altri 3 racconti che mettevano d’accordo tutti.  

DUE BICCHIERI ED UN PROBLEMA… di Marica De Toro

Le feste sono i luoghi dell’assenza per antonomasia, quei soffi di ciò che ci manca sul collo mentre il resto del mondo è sotto al sole della gioia. Un racconto che è un battito di ciglia dentro a cui capire tutto e non sapere niente. La struttura speculare riuscitissima!

 

Chelsea Hotel di Madame Elsa

Una flash-fiction da manuale: un mondo totalmente fittizio narrato in miniatura, una matrioska narrativa con uno stile spiccato e una grande potenza evocativa. Chapeau.     

 

Freak Party di Groucho

L’ennesimo cameo chuckpalahniukiano di Groucho. Com’è, come non è, ti aggancia, ti disturba, ti incanta. 

 

GIURIA POPOLARE di MAGGIO 2021

 

Questo mese i like sono stati più distribuiti tra i vari racconti. Ognuno dei concorrenti ha trovato qualcuno che li apprezzasse. Freak Party, Blind Date, Luci ed Ombre hanno avuto i loro pollici alzati, così come altri titoli che non hanno raggiunto la finale con la giuria tecnica ma sono stati comunque apprezzati dal pubblico. La verità delle bugie di Malu57 ha rischiato di finire in ex aequo sul podio con il secondo posto, ma all’ultimo minuto l’ha scampata Hollywood Party dell’esordiente Orso Beni, che ci ha raccontato un party hollywoodiano del tutto inventato con finale comico/thriller alla Get Shorty.  Vincitore della giuria popolare di maggio un racconto d’amore e odio concentrico, dove si inizia da dove si è finito e viceversa: Tabù di Freddy Chrome.

 

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